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Testo di Franco Conte

Rettoria del Carmine

Storia, architettura, confraternite e vita cittadina: un percorso nella memoria viva della comunità.

Introduzione

La Rettoria del Carmine è una delle matrici spirituali più riconoscibili di Cerignola. Intorno al titolo mariano del Carmine si sono intrecciati per secoli preghiera, carità, arte e vita cittadina.

Quello che segue ripercorre in modo disteso l’arco della vicenda, dalle origini fino all’età contemporanea, mettendo in luce i nuclei più caratteristici: la nascita della comunità, l’architettura sobria e simbolica, la vita confraternale, gli eventi maggiori, le figure ecclesiastiche e i segni concreti della pietà popolare.

Le origini

Il Carmine nasce dalla devozione mariana che attraversa la Puglia moderna. A Cerignola, tra Seicento e Settecento, il desiderio di un luogo stabile per la preghiera e l’educazione alla fede si coagula attorno a una chiesetta che diventa presto riferimento del quartiere e della città.

L’impianto cultuale cresce insieme alla partecipazione dei laici: nascono le prime aggregazioni confraternali, si raccolgono offerte, si stabiliscono regole di decoro e custodia, si organizzano le ricorrenze. La Rettoria prende forma come “casa” di popolo e di Dio: uno spazio ordinato in cui la ritualità mariana, lo scapolare, le novene, i sabati del Carmine e i gesti di misericordia mettono radici.

Architettura e apparati

La chiesa ha un impianto sobrio e lineare: navata unica che guida lo sguardo al presbiterio, cappelle laterali con altari dedicati, tele e statue legate alle devozioni più sentite.

La luce filtra lungo la navata e accompagna il cammino verso l’altare maggiore; la misura delle proporzioni, la discrezione degli stucchi, la presenza di immagini care alla pietà popolare restituiscono un’armonia in cui nulla è ridondante e tutto è orientato al raccoglimento.

Nel tempo, la comunità ha garantito la manutenzione con cura esemplare: atti pubblici e deliberazioni stabiliscono obblighi di riparazione e decoro, così che l’edificio non perda mai la sua dignità liturgica. L’arte sacra – dipinti devozionali, statue processionali, ex voto, arredi – non è mai puro ornamento: è catechesi per immagini, memoria della gratitudine, invito alla preghiera.

Documenti, capitoli e “strumenti solenni”

Una sezione importante della storia riguarda i documenti. Vi compaiono capitoli, canoni e “strumenti solenni” con cui si regolano i diritti della chiesa e i doveri dei congregati.

Spiccano elenchi di canonici e notabili – firme serrate che attestano consenso e responsabilità – e clausole precise: la chiesa “rientra nella pienezza dei diritti”, la futura congregazione “accetta la presente conclusione con tutte le condizioni”, le riparazioni “vanno a carico della congregazione”. Dietro il linguaggio giuridico si intravede una convinzione costante: il Carmine è un bene comune, un’eredità che va custodita e trasmessa.

Confraternite e carità

Al Carmine la vita confraternale è il motore della partecipazione. Gli statuti regolano ammissione, abito, discipline di pietà e opere di misericordia; le assemblee definiscono spese, priorità, impegni; la cassa comune sostiene restauri, commissioni di opere d’arte, interventi a favore di poveri, malati, orfani.

Le processioni – soprattutto in onore della Madonna del Carmine – sono momento identitario: coinvolgono strade e famiglie, fanno uscire la chiesa all’aperto, affidano alla città un messaggio di speranza. La confraternita forma nella pazienza dei giorni: catechesi, canti, servizio liturgico, mutuo soccorso, pratiche penitenziali. Davanti agli altari laterali si condensano storie minute: un ex voto, un nome inciso, una fotografia sbiadita, il segno concreto di un incontro con la grazia.

Il lungo Ottocento: devozione e riconoscimenti

Nell’Ottocento il Carmine è luogo di predicazioni, missioni, celebrazioni solenni. In questo clima maturano atti ufficiali e riconoscimenti ecclesiastici; tra le date di memoria spicca un provvedimento legato al pontificato di Leone XIII (30 giugno 1895), in una stagione in cui la pietà mariana riceve impulso e disciplina.

La partecipazione è forte e popolare: cronache ricordano ovazioni e manifestazioni di affetto verso figure cittadine – tra i nomi, l’applauso a Peppino Giovenale – e la generosità di benefattori che accompagnano con offerte e lasciti le opere della chiesa.

In questa stagione matura anche la cura per il canto, per l’accompagnamento musicale, per le “quarantore”, per le prediche quaresimali: il Carmine diventa una scuola di fede.

Il 1900: il secolo si apre in festa

Il nuovo secolo si apre con un giubileo solenne: quattro giorni di predicazioni preparano la mezzanotte della celebrazione pontificale presieduta da S.E. mons. Domenico Cocchia.

Non è un episodio isolato, ma l’apice di un sentire condiviso: si alternano pulpiti e cori, la città partecipa in massa, la confraternita regge l’organizzazione con disciplina e calore. La festa non si esaurisce nel rito: nelle case rimbalza il racconto, nelle strade restano i segni della processione, nei cuori si rinnova l’appartenenza.

Sacerdoti, figure e biografie

Tra le pagine emerge la trama di vocazioni e ministeri che legano il Carmine alla diocesi. Spicca la vicenda di un sacerdote nato a Cerignola il 10 gennaio 1863 e ordinato da mons. Antonio Sena nella Cattedrale cittadina: il suo percorso pastorale lo porta anche fuori diocesi, con destinazione a Bisignano (Cosenza), e – alla morte – la traslazione delle spoglie nella Cattedrale di Ugento.

Questo profilo, insieme ad altri di rettori, vicari e predicatori, mostra come il Carmine sia stato anche passaggio e palestra di ministeri, punto di irradiazione per la Chiesa di Puglia.

Dalla guerra alla ricostruzione

Nel primo Novecento e poi nel secondo dopoguerra la Rettoria continua ad essere presidio ordinario: catechesi, sacramenti, feste del Carmine, opere di carità.

Nel 1947 la memoria cittadina si raccoglie attorno a una traslazione di spoglie di sacerdoti legati a Cerignola: un gesto che ricuce il passato con il presente. Intanto, la cura degli ambienti continua; piccoli interventi mantengono intatta la dignità degli spazi, e la comunità, anche nelle ristrettezze, non fa mancare olio per le lampade e fiori per gli altari.

Anni di rinnovamento: pastorale e città

Dalla metà del secolo si intensifica il rapporto tra il Carmine e il tessuto urbano. L’archivio dei ricordi incrocia luoghi, persone, professioni.

Tra i riferimenti, il palazzo Giuseppe Stasi tra via Bucci e via Ofelio – con ingresso principale su via Ofelio e un altro accesso su Corso Vittorio Emanuele – edificio di impianto cinquecentesco abitato a lungo dai discendenti: un punto architettonico che racconta famiglie (tra cui Mariannina e i fratelli; Antonio; Giovanni, già assessore comunale), vicinanze, transiti.

Negli anni Sessanta gli scatti d’epoca restituiscono il respiro di Corso Vittorio Emanuele, la misura dei passi delle processioni, il tessuto sociale che ruota attorno al Carmine.

Missioni popolari e tempi forti

Negli ultimi decenni del secolo, in consonanza con la vita della Chiesa italiana, il Carmine si fa cuore di missioni popolari e tempi forti.

Sotto l’episcopato di mons. Felice di Molfetta e negli anni segnati dal ministero di mons. Pichierri, la comunità vive percorsi intensi di evangelizzazione e penitenza; tra i motti, “Con Cristo verso il 2000”, si fissa nella memoria come filo conduttore di iniziative che coinvolgono parrocchie, associazioni e famiglie.

Le cronache ricordano cortei che attraversano la città fino alla chiesa del Carmine, predicazioni, confessioni, momenti di restituzione pubblica della fede. Il Carmine si conferma “porta” attraverso cui passano parole chiare, segni di misericordia, inviti alla conversione.

Il ritmo dell’anno liturgico

La festa della Madonna del Carmine è l’appuntamento identitario. La preparazione – novene, rosario, confessioni – culmina nella solennità, con l’altare adornato, le insegne confraternali, i canti tradizionali, l’uscita della statua e il rito che si affaccia sulle strade.

Accanto alla grande festa, il calendario custodisce le ricorrenze minori: i sabati del Carmine, le celebrazioni per i defunti della congrega, i momenti penitenziali, le quarantore. La liturgia è curata; la catechesi fa da spalla; la carità rende la devozione concreta.

Gestione, economia, decisioni

La vita della Rettoria è fatta anche di numeri e verbali. Si registrano entrate e uscite, si stimano i costi dei restauri, si deliberano commissioni, si ringraziano i benefattori, si documentano le offerte destinate a paramenti, tovaglie d’altare, manutenzione degli impianti.

La trasparenza delle decisioni e la coralità delle responsabilità consolidano la fiducia: la chiesa è a misura di popolo, e il popolo la custodisce come cosa propria.

Segni della pietà: ex voto e iscrizioni

Le cappelle laterali accolgono ex voto, piccoli quadretti, iscrizioni. Dietro ogni oggetto c’è un nome, una storia, una malattia superata, una grazia chiesta e riconosciuta.

Il Carmine è così anche archivio discreto di gratitudini: un patrimonio immateriale che rende visibile la fede dei piccoli e il passo quotidiano dei semplici.

Itinerari urbani e memoria

Il racconto del Carmine attraversa luoghi e famiglie. Nei toponimi – via Ofelio, via Bucci, Corso Vittorio Emanuele – si disegna una mappa della devozione; nei palazzi – come lo Stasi d’impianto cinquecentesco – si specchia la storia civile; nelle fotografie – soprattutto quelle degli anni Sessanta – si colgono ritmi, vesti, volti di una Cerignola che riconosce in questa chiesa un perno identitario.

La memoria non è un esercizio nostalgico: è responsabilità viva che educa all’oggi.

Figure ecclesiastiche e passaggi istituzionali

La sequenza dei rettori, vicari e predicatori compone un mosaico di ministeri. Nei passaggi istituzionali – provvedimenti diocesani, riconoscimenti, visite pastorali – il Carmine riceve orientamenti e incoraggiamenti.

Talora le cronache registrano eventi presieduti da cardinali, altre volte la presenza discreta di un vescovo che, in cattedrale o al Carmine, consegna parole programmatiche. La trama non è fatta di nomi isolati, ma di continuità: la Rettoria come luogo in cui la Chiesa particolare respira, insegna, consola.

Pratiche di pietà e formazione

Accanto alla messa e al rosario, il Carmine coltiva una pedagogia semplice e tenace. Orazioni, canti, letture mariane; catechesi per bambini, ragazzi, adulti; percorsi per confratelli e aspiranti; custodia della domenica; prossimità ai malati.

L’educazione passa per gesti concreti: l’ordine della chiesa, la dignità dei fiori, la precisione dei turni, la prontezza dei sacristi, la sobrietà degli addobbi.

Un profilo spirituale

Sotto l’immagine della Madonna del Carmine la città riconosce tre accenti: fiducia (nei giorni bui), gratitudine (per le grazie ricevute), responsabilità (verso i fratelli).

La spiritualità carmelitana respirata in questo luogo è familiare: contempla, custodisce, serve. La semplicità del linguaggio – più gesti che discorsi – fa del Carmine una scuola del quotidiano, dove la fede si impara camminando.

Verso il Duemila e oltre

Gli anni a cavallo del 2000 hanno visto cammini comuni e missioni cittadine. Con il motto “Con Cristo verso il 2000” si sono rinnovati inviti, percorsi penitenziali, soste di preghiera.

Il Carmine ha ospitato, inviato, raccolto: una chiesa con porte aperte, capace di convocare cortei e ridare voce a canti antichi. La traiettoria non si esaurisce nell’evento: continua nel servizio ordinario, nel sostegno alle famiglie, nella disponibilità verso chi cerca un consiglio, una confessione, un momento di silenzio.

Oggi

La Rettoria del Carmine resta casa di preghiera e luogo di formazione. Accoglie i ritmi della pastorale ordinaria, accompagna giovani e adulti, dialoga con le istituzioni cittadine, mantiene la cura degli ambienti e la qualità delle celebrazioni.

Tradizione e rinnovamento non sono alternative: convivono. La memoria, lungi dall’essere un peso, è energia che rende possibile decidere e servire. Chi entra trova misura, bellezza sobria, parole essenziali, luce. E riconosce che, dentro la vita di una città, ci sono luoghi che continuano a generare comunità.

Appendice narrativa – frammenti e scene

  • Una festa di fine Ottocento: tra le carte si leggono applausi, ringraziamenti, una folla che si stringe attorno agli officianti; si registrano offerte per i poveri e per l’ornato dell’altare.
  • La mezzanotte del 1900: la messa pontificale di mons. Domenico Cocchia corona giorni di predicazioni; la chiesa è gremita, gli esterni raccontano di cori e luci.
  • Una biografia sacerdotale: nato a Cerignola il 10 gennaio 1863, ordinato da mons. Antonio Sena, chiamato a servire anche fuori diocesi; la vita si conclude con la traslazione delle spoglie a Ugento.
  • Un atto solenne: firme in colonna – Giannatempo, Sinesi, Maratia, Caggiano, Marinelli, De Philippis, De Finis, Conte, Petrola, altri – e l’assunzione esplicita degli oneri di manutenzione.
  • Un corteo degli anni Novanta: la missione cittadina attraversa strade e piazze; il cammino “Con Cristo verso il 2000” conduce al Carmine; si alternano predicazioni e canti, l’intera città partecipa.
  • Un palazzo e una famiglia: la facciata su via Ofelio, l’accesso su Corso Vittorio Emanuele, la genealogia Stasi dal Cinquecento ai giorni nostri; tra i discendenti, ruoli civili e presenze pubbliche.
  • Un nome tra la folla: l’ovazione a Peppino Giovenale fissata in una cronaca; un soprannome e una città che sa dire grazie.

Conclusione

Il Carmine non è un capitolo a parte: è un capitolo principale della storia di Cerignola. La sua vicenda racconta come una chiesa possa diventare patria: educare, proteggere, orientare.

Dentro il suo ritmo – preghiera, carità, festa, memoria – si legge il profilo di una comunità che cresce, sbaglia, riprende, ama. E che continua a riconoscersi sotto lo sguardo della Madonna del Carmine.